Facendo seguito a quanto fatto presente al precedente n. 90 sull’enigma della formazione dell’immagine impressa sulla sacra Sindone, ritengo che possa formularsi la seguente ulteriore riflessione.
Come è noto, nel 1988 tre rispettabilissimi Istituti (di Oxford, Tucson e Zurigo), scelti di comune accordo con le autorità ecclesiastiche al fine di individuare, con l’esame al carbonio 14, la data di origine del telo sindonico, pervennero alla concorde conclusione (a seguito di accertamenti separatamente eseguiti) che tale data era da identificarsi intorno al 1300 (con lo scarto di soli pochi anni tra loro). Tale risultato venne ufficialmente comunicato dal Cardinale Ballestrero che esplicitamente accettò le conclusioni dei tre istituti, affermando testualmente che la Chiesa non poteva fare altro che prendere atto di quello che la scienza aveva riscontrato. Tale conclusione non risulta, comunque, mai smentita dalla Chiesa, anche se, successivamente, abbia attribuito la qualifica di “reliquia” al sacro telo.
Dopo un primo inevitabile disorientamento provocato dalla divulgazione dei suddetti risultati che fecero riaffiorare e rinvigorire l’ipotesi di falso, nel senso che quel telo non poteva identificarsi con quello che aveva avvolto il corpo di Gesù Crocifisso, ci fu una violenta reazione da parte degli assertori della contraria ipotesi, basata su di una lunga serie di presunti errori commessi dai i tre suddetti istituti, con l’aggiunta, addirittura, dell’ipotesi di indimostrabili complotti.
Tale situazione ebbe il risultato di far lievitare tutti gli studi tendenti ad accrescere, sotto ogni aspetto, la conoscenza scientifica dell’immagine sindonica: obbiettivamente, si deve rilevare che nessun incontestabile risultato sia stato raggiunto, su basi scientifiche, sulla determinazione della data di origine del sacro telo, diversa da quella come sopra accertata. Unico dato positivo, di notevole importanza, di tutte le ricerche fin ora effettuate è stato quello di aver accertato, incontestabilmente ed ormai da quasi tutti accettato, che l’immagine impressa sulla Sindone non è un opera di un falsario del 1300, né può essere oggi realizzata anche avvalendosi delle attuali tecniche, né è stata mai trovata alcuna plausibile causa della sua origine; sicché, allo stato attuale, anche con riferimento ad alcune inspiegabili incongruenze rilevate, la scienza dovrebbe pervenire alla irrazionale conclusione che un simile oggetto non può esistere: ma, per fortuna, esiste ed è realmente presente a Torino. Allora, l’unica soluzione possibile, come già sostenuto, al precedente n. 90, è quella del miracolo.
In tale situazione, con riferimento all’accertamento effettuato con l’esame al carbonio 14, mi sembra di poter formulare una riflessione davvero apparentemente sconcertante.
Qualora, infatti, si ipotizzasse di accettare il risultato delle analisi ottenute nel 1988 dai tre istituti su indicati, nel senso di ritenere, cioè, che la data di origine del telo sindonico sia da identificarsi nel 1300 circa (cosa da non ritenersi aberrante, bensì del tutto possibile) tutto sarebbe risolto.
Le conseguenze di tale ipotesi sarebbero le seguenti:
-il telo sindonico presente a Torino non sarebbe identificabile con quello che ravvolse Gesù crocifisso, né, quindi, ritenersi effetto, secondo le naturali leggi fisiche, della sua Resurrezione: ciò comporterebbe l’irrilevanza di tutte le varie ipotesi (tanto strenuamente difese, senza alcun risultato, dai vari loro autori) circa la formazione dell’immagine sindonica;
-la constatazione che l’unica soluzione possibile sulla causa originaria dell’immagine debba, per quanto come sopra fatto presente, essere ricercata in un evento soprannaturale;
-dato che, come del resto quasi da tutti accettato, l’uomo raffigurato nel telo (flagellato, crocifisso, morto e risolto) sia da identificarsi con Gesù, a quest’ultimo debba farsi risalire l’evento miracoloso in questione, attribuendo, così, valore di Verità incontestabile di quanto ivi figurativamente decritto;
-sulla base di quanto come sopra fatto presente circa le Verità emergenti dal telo che corrispondono, nei minimi particolari a quanto narrato dai Vangeli, ne seguirebbe, quale logica e naturale conseguenza, la costatazione della veridicità dei vangeli stessi, costituendo (ribadendo le conclusioni già formulate nel precedente articolo) una decisiva testimonianza che il Gesù reale, il Gesù storico in senso vero e proprio è proprio il Gesù dei Vangeli.
Un’ultima e definitiva conclusione. La resurrezione di Gesù, come da tutti convenuto, fu un evento ben diverso dalla resurrezione di Lazzaro: in quest’ultimo caso, infatti, Lazzaro risuscitò nel suo corpo mortale e, così, continuò a vivere fino alla sua morte naturale; Gesù, invece, nella sua resurrezione assunse un corpo glorioso, smaterializzandosi. Il suo corpo mortale, nello stesso attimo della sua resurrezione, svanì nel nulla e, pertanto, tale evento deve ritenersi sottratto a qualsiasi sensibile percezione, rendendo impossibile qualsiasi sua “ripresa”; di conseguenza, ogni immagine, comunque realizzata di tale evento, necessariamente deve ritenersi non corrispondente ad un fatto fisicamente percepibile, anche se realmente avvenuto. Ogni indagine e ricerca, tendente a dimostrare che l’immagine sindonica possa essersi formata – sulla base delle svariate ipotesi formulate – come effetto naturale, secondo le leggi della fisica, della resurrezione di Gesù deve, di conseguenza, essere ritenuta inconsistente in quanto, appunto, relativa ad un evento (sparizione del corpo di Gesù contestualmente alla sua resurrezione) assolutamente non percepibile.
Quanto sopra conferisce maggior credito, oserei dire determinante, all’ipotesi del miracolo: sarebbe stato, quindi, lo stesso Gesù ad imprimere, miracolosamente quell’immagine visibile sul telo esistente a Torino, con tutte quelle irripetibili particolarità e raffigurazioni (davvero inspiegabili ed, a volte, obbiettivamente scientificamente incongruenti), quali segni tangibili per una puntuale ricostruzione della sua passione, crocifissione, morte e resurrezione.