Sul sempre attuale enigma, mai risolto, che avvolge la Sacra Sindone di Torino, da qualche tempo si va sempre più intensificando, da parte di numerosi ed anche qualificati scienziati e sindonologi, la riconosciuta necessità di procedere ad ulteriori ricerche al fine di poter pervenire ad una definitiva soluzione di tale problema.

             Partendo dalla considerazione che ciò che più ostacola il progredire delle ricerche è costituito dal noto risultato delle analisi svolte nel 1988 da parte di tre laboratori scientifici che attribuirono alla Sacra Sindone la data della sua origine al 1300 circa e che tale risultato risulta ampiamente contestato, in assenza, comunque, di valide argomentazioni sostenute da prove scientifiche, si è ora sostenuta la necessità di ripetere quell’esame, avvalendosi di nuovi e più sofisticati mezzi di indagine, offerti dalle nuove tecnologie oggi a disposizione.

             Su tale pretesa necessità è lecito, comunque, avanzare alcune fondate perplessità, dato che il vero enigma che avvolge la Sacra Sindone non è quello della sua datazione, bensì quello dell’origine dell’immagine e come quest’ultima si sia potuta imprimere su tale telo.

             E’, infatti, fuori dubbio che, una volta accertato (come condiviso dalla quasi totalità degli studiosi) che l’immagine sindonica non è opera umana, sulla sua origine non restano che due sole soluzioni: o quella che la individui come effetto naturale della Resurrezione, oppure quella che l’attribuisca ad un intervento sovrannaturale.

            E’, invero, di tutta evidenza che, di fronte all’impossibilità di soluzione del suddetto enigma, l’individuazione di una corretta datazione della Sindone non riveste alcun valore, dato che, mentre l’eventuale conferma di una datazione al 1300 escluderebbe definitivamente la correlazione dell’immagine alla Resurrezione di Gesù, nel caso, invece, in cui la datazione dovesse corrispondere all’epoca di Gesù, tale risultato potrebbe, al massimo, consentire l’attribuzione di reliquia al sacro telo, ma mai e poi mai sarebbe in alcun modo utile a risolvere (sia pure in minima parte) il problema della supposta origine dell’immagine, quale naturale effetto, secondo le leggi della fisica, dell’avvenuta suddetta Resurrezione.

           Difronte a tale alternativa, appare necessario prendere atto (sulla base di quanto raccontato nei Vangeli) della situazione di fatto nella quale si trovava la Sacra Sindone al momento della resurrezione di Gesù: il Suo corpo giaceva nel sepolcro, avvolto (da entrambi i lati) dal lenzuolo funebre e tenuto ben stretto ed aderente al corpo dalle sovrastanti bende. Pietro e Giovanni, entrati nel sepolcro vuoto, videro distintamente Sindone e bende afflosciate su sé stesse, segno evidente che il corpo di Gesù era misteriosamente scomparso al loro interno.

          Ritornando all’alternativa come sopra fatta presente, è lecito pervenire alla conclusione che debba scartarsi quella che identifica nella Resurrezione di Gesù la causa della produzione dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone per le seguenti argomentazioni, fatte già presenti nei miei precedenti scritti e che qui, in breve sintesi, ripropongo:

1. Dopo una lunghissima ed estenuante ricerca, protrattasi per quasi un secolo, il mondo scientifico che si è occupato dell’argomento, è sempre pervenuto alla conclusione dell’impossibilità di spiegare quale fosse la causa originaria della produzione dell’immagine sindonica, tanto da far affermare, da parte di un illustre fisico (Paolo Di Lazzaro) di trovarsi difronte ad una “Immagine impossibile”, anche se realmente presente a Torino;

2. Inoltre la situazione di fatto, relativa alla posizione della Sindone al momento della Resurrezione di Gesù, come sopra richiamata, consente di pervenire alle seguenti ulteriori considerazioni:

a) Sulla base di quanto ritenuto dal mondo scientifico che individua, nel lampo scaturito dalla smaterializzazione del corpo di Gesù, la fonte dell’immagine sindonica, è facile osservare che, nello stesso attimo della sua resurrezione, il Suo corpo svanì nel nulla e, pertanto, tale evento deve ritenersi sottratto a qualsiasi sensibile percezione, rendendo impossibile qualsiasi  sua “ripresa”; di conseguenza, ogni immagine, comunque realizzata di tale evento, necessariamente deve ritenersi non corrispondente ad un fatto fisicamente percepibile, anche se realmente avvenuto. Ogni indagine e ricerca, tendente a dimostrare che l’immagine sindonica possa essersi formata – sulla base delle svariate ipotesi formulate – come effetto naturale, secondo le leggi della fisica, della resurrezione di Gesù deve, di conseguenza, essere  ritenuta inconsistente in quanto, appunto, relativa ad un evento (sparizione del corpo di Gesù contestualmente alla sua resurrezione)  assolutamente non percepibile.

Quanto detto potrebbe bastare, ma c’è di più:

b) Sempre secondo quanto rilevato dagli scienziati, l’immagine sarebbe stata prodotta con due diverse modalità: la parte relativa alle macchie di sangue, per contatto, mentre, quella relativa alla figura del corpo di Gesù, per proiezione, dato che, in caso contrario, l’immagine sarebbe risultata distorta (cosa non riscontrabile nella Sindone). Deve, pertanto, necessariamente convenirsi che, in presenza di una immagine sia del davanti che del retro del corpo, al momento della suddetta proiezione, il telo sindonico, al fine di evitare qualsiasi distorsione dell’immagine, dovesse trovarsi in posizione perfettamente distesa sia sotto che sopra il corpo e che  quest’ ultimo non dovesse, inoltre, giacere sul telo stesso (dato che, in tale caso, avrebbe comportato un conseguente afflosciamento dei glutei, cosa esplicitamente non riscontrata dai vari esami effettuati): il corpo sarebbe stato, quindi (come del resto esplicitamente ipotizzato dagli studiosi) da ritenersi galleggiante all’interno del telo. Inoltre, in tale veramente surreale posizione del corpo, galleggiante tra le due parti del telo, al fine di realizzare una soddisfacente stesura dello stesso, doveva intercorrere una distanza sempre uniforme tra le suddette due parti del telo e per tutta la sua estensione, almeno leggermente superiore allo spessore del corpo onde evitare qualsiasi contatto con lo stesso (che, dalle indagini effettuate, risulta sempre escluso) e, pertanto, avendo anche presente che sia il capo che una gamba appaiono leggermente sollevati, non inferiore a 20-30 centimetri, cosa assolutamente impossibile a verificarsi. Infatti, essendo l’immagine realizzata su di un unico telo (testa contro testa), si rileva, tra le due immagini contrapposte del capo, l’esistenza di uno spazio privo di immagine di soli 2 o 3 centimetri, assolutamente insufficiente a realizzare il suddetto necessario minimo distacco, attribuibile alla presenza intorno al capo di un sudario che, arrotolato su se stesso, fungeva da mentoniera al fine di mantenere la bocca chiusa (sulle modalità della sepoltura, v. un mio scritto  al  n. 69 del mio sito internet www.fedepell.it dal titolo: “Cosa vide Giovanni nel sepolcro vuoto”).

c) La produzione dell’immagine, avvenuta con due diverse modalità, (per contatto e per proiezione) esclude la possibilità di sovrapposizione delle due diverse immagini, dato che l’immagine è unica;

d) Le macchie di sangue impresse sulla Sindone riguardano anche quelle per le ferite subite sulle parti laterali del corpo di Gesù che risultano, invece, assenti nella raffigurazione solo frontale del Suo corpo;

e) l’immagine del corpo di Gesù dovrebbe essere stata impressa su di un lenzuolo ben pulito, mentre lo stesso, necessariamente, doveva risultare notevolmente macchiato di sangue con relative sbavature (assolutamente assenti sulla Sacra Sindone) a seguito del trasporto dal luogo della crocifissione al sepolcro, cosa che l’avrebbe reso inevitabilmente  indecifrabile ;

f) Premesso che il  lampo, ipotetica causa originaria dell’impressione dell’immagine (di limitatissima durata, pari a qualche miliardesimo di secondo come scientificamente supposto) si sia prodotto all’atto della Resurrezione di Gesù e, di conseguenza, l’immagine sindonica corrisponda a tale preciso momento, la raffigurazione, scientificamente ricostruita sfruttando le qualità tridimensionali del telo, mostra invece chiaramente (testa, gambe e braccia sollevate da terra che raffigurano il corpo di un uomo in atto di alzarsi) come tale immagine debba riferirsi ad un momento necessariamente successivo alla Resurrezione, cioè in un momento non coincidente con il detto lampo;

g) In ogni caso, resterebbe sempre da dimostrare in base a quale sconosciuto principio fisico-scientifico la pretesa avvenuta proiezione dell’immagine sul telo sindonico possa aver generato tutte quelle specifiche particolarità, riscontrate in detta immagine, con esplicito riferimento (a solo titolo esemplificativo) alla sua tridimensionalità: a quest’ultimo riferimento va notato che tale effetto tridimensionale risulta realizzato con una diversa intensità della colorazione, proporzionale alla distanza del telo dal corpo (che, invece, era da ritenersi aderente al corpo di Gesù, al momento della Sua Resurrezione).

         Tutto ciò premesso porta ad un’unica soluzione: sarebbe stato, cioè, Gesù stesso, al fine di lasciare un segno tangibile della sua Passione, Morte e Resurrezione, ad imprimere sul lenzuolo sindonico (così come risulta sulla Sacra Sindone di Torino), con un proprio stupefacente intervento, la propria immagine, unitamente ad una lunga serie di ulteriori segni informativi su quanto era accaduto, molti dei quali non immediatamente percepibili e, forse, ancora da scoprire.

          Concludendo va notato come, riconoscendo la natura miracolosa dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone, la ricerca del momento preciso di tale intervento divino è del tutto irrilevante: nulla, infatti, cambia se tale intervento fosse avvenuto sullo stesso telo che raccolse il corpo di Gesù (dopo, in questo caso, essere, sempre miracolosamente, divenuto “candido”) ovvero su di un altro telo del 1300.